pavlovic
picturae
Zeljko Pavlovic
Incrociati racconti
In maniera autonoma e con libertà, Zeljko Pavlovic ha costruito la sua arte come un “racconto”. Ha saputo far incontrare le proprie conoscenze in tempi diversi, in situazioni che sorgevano da emozioni, ma anche da attente riflessioni su la lettura di segni che gli erano e sono congeniali. Le sue pitture, le installazioni e le grafiche sono diventate, per l’artista, “parole” da decifrare e, come incontri ravvicinati, si sono trasformati in continui dialoghi. E’ naturale per l’artista, ma anche per l’arte, corrispondere con la storia, e la storia è evoluzione , un appendice da cui trarre ispirazione e trasformala in sensazioni. Zeljko Pavlovic sa dialogare con questa “ turbolenza “ interiore, al punto di accantonare gli studi classici per immergersi in un “fondo” rivelatore. Lo vive così profondamente che decide di coglierne solo quella determinata sequenza che gli crea la possibilità di intra-vedere risonanze formali, specifiche al punto di renderle informali.
La riscoperta dell’architettura barocca, nello specifico quella di Borromini, lo fanno entrare in una diversa concezione. Prelevando dai segni sinuosi e avvolgenti del primo 600, solo quelle linee che dedicano all’atmosfera l’ombra diretta in un infinito tutto da visionare. Portando l’artista verso astrazioni lineari che risentono un leggero sibilo, una sinfonia muta che echeggia un’ anti-classicità, trovata nella disarmonica confluenza di linee e spazi. E di assenze e nivei colori esaltati in variabili reminescenze, ombrate da spirituali monocromatismi. Questo impulso primario lo accompagnerà per tutta la sua ricerca artistica.
Zeljko Pavlovic saprà tradurre in dialoghi quei segni, e la luce, dove il sole rintocca in trasparenze, prediligerà l’azzurro, il blu fino al massimo dell’intensità. Trovando nel gesto elicoidale, la sua essenziale trasformazione; i vetri blu si auto-costringeranno in spazi limitati, al punto di varcare immaginari pentagrammi e trasformarsi in accesi spazi di luce. I quasi specchi di Zeljko sono ancora il riverbero di quel Barocco che nasconde sensualità dietro a una fede inviolabile. Ma l’artista prosegue la sua ricerca “affondando”, ancora di più, il carattere figurativo nell’essenza primitiva dell’elaborazione naturalistica. Trascorre un periodo in Germania, ma non si trova a suo agio, anzi, si sente costretto a denunciare una certa malinconia, quasi un rifiuto, una vera mancanza. Questa assenza lo riporta verso una visione più intimista, reale al punto di cogliere solo elementi quotidiani del suo momento. Lo “svilimento” porta l’artista ad affrontare una realtà emotiva, ma non abbandona la tecnica e ancor meno la materia; il blu intenso lo circonda fino a coglierne ogni sfaccettatura ed ogni rilievo emotivo. Ma ri-diventa pittura pura, essenziale, atmosfere di un preludio notturno, in penombra al limite dell’esistenzialismo. Nascono tutta una serie di lavori che racconteranno lo stato d’animo in un accentuato materialismo pittorico. Il Blu e tutti i suoi derivati cromatici, riempiranno superfici fino a comporre spazi organizzati in configurazioni aperte, sovrapponendosi, frammentandosi fino a creare nuovi limiti.
Tornato in Italia la ricerca pittorica spinge l’artista verso visioni sempre più ampie, ritrovando la giusta dimensione dello spazio e la reale luce interiore. Non abbandona il colore blu, anzi da questo riceve altre variabili e nuove conferme. L’artista riaffronta la grafica, nello specifico l’incisione, ma la trasforma , la rende opera conclusa, quasi una superficie da cui attingere elementi, simulacri di una realtà metafisica.
Nascono le installazioni, dove la pittura, la grafica e la composizione spaziale si uniscono in un solo linguaggio espressivo.
La continua ricerca artistica di Zljko Pavlovic, in questa nuova fase, penetra nella simulazione, le installazioni diventano scenari , iconografie di un immaginario che nasce da una reale percezione. Al punto di tracciare una parabola artistica che ritorna nel passato per riaccendersi in una quotidiana visione illusoria.
Tanto da pensare che una sensazione vive in una sostanza, che può dilatarsi in storie e in segni anche disuguali, ma pur sempre in una percezione plastica e concettuale. Una pittura che si dilata su una scena esistenziale. Pavlovic sempre di più si immerge in questo pensiero e lo mette in evidenza portando la sua arte in una negazione naturalistica. Lasciando, in opposto, intravedere nel contenuto e in alcune esigenze emotive, l’oggetto, la natura che si ripresentano in una forma riconoscibile, intrisa di un aura essenziale, dove un sentiero invisibile conduce al significato, per alludere ad un modello reale, ma che si sposta in una visione onirica, generata da un soffio vitale.
Massimo Innocenti